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"Sento che c'è una sorta di resistenza. L'ostacolo più grande per me sento che sia quello di affidarmi, aprirmi alla pratica. Sento come un blocco. So che sedermi e meditare è una cosa buona, che mi porterà a sentirmi serena, ma ancora mi devo "sforzare". Alla fine della sessione e degli incontri sto bene, mi sento più determinata, ma c'è ancora resistenza. Ogni volta che ho dedicato anima e corpo ad una cosa (il teatro, lo yoga, il lavoro, il coltivare un gruppo di amici), alla fine mi sono sempre trovata a navigare da sola e questo senso di abbandono mi fa tirare i remi in barca. Come se non avessi più energie da investire. Magari col tempo e continuando qualche risultato inizierà a vedersi...". Riflessione: "Si, sicuramente il tempo è una variabile importante. Il Dhamma lavora nel corso della vita. È un po’ un equivoco quello di associarlo a un momento in cui tutto accade e poi si rimane accesi come una lampadina. Il risveglio é risvegliarsi alla vita. Abbandonarsi alla pratica, é aver finalmente imparato ad avere fede nella bontà assoluta della vita, alla quale possiamo abbandonarci, senza paura e ansia. Nel tempo di una sessione seduti sul cuscino, ma anche negli istanti prima e dopo che ci siamo seduti, viviamo condensata la nostra vita. Sul cuscino c’è tutto il nostro passato e il nostro futuro. Sul naso il presente. Sedersi é questo per me, sedersi è un arte, un lento apprendistato. Imparare a vivere quello che accade in una seduta, a sedersi, è imparare ad accogliere la vita nella sua incertezza, nella sua imprevedibilità, nel suo essere essere frantumato in momenti; ombre che appaiono e scompaiono, che non puoi trattenere. Siamo tutti Peter Pan, alla ricerca della nostra ombra da ricucire. Un giorno poi ci accingiamo a sederci, sentiamo che non ci importa cosa accadrà su quel cuscino, quanta paura abbiamo di sederci, quanta poca voglia abbiamo di rimanere immobili sul cuscino. Il voto di vivere quel momento fino in fondo, sarà adempiuto. E' che non ci importa più, non importa più nemmeno sapere cosa non ci importa più. Il voto di sedermi non è mio. Si manifesta in me. Sedermi è rendere manifesto ciò che sento, ciò che come un dono è entrato sommessamente nel mio cuore, nel mio corpo, il Dhamma. Non è una scelta. Ne più ne meno dei capelli bianchi o la pancetta. La vita è la stessa cosa. L’unico voto che abbiamo con noi stessi, a causa del nostro essere vivi, è quello di vivere la vita che ci ritroviamo tra le mani, sotto i piedi, sotto le chiappe (come in meditazione), fino all’ultimo respiro (come in meditazione). Dipenderà da noi, da come abbiamo vissuto, se sarà nel tormento e nella paura o nella pace, in meditazione come non in meditazione. Allora una volta seduti, ci potremo sentire come Peter Pan, mentre Wendy gli stava ricucendo finalmente l'ombra addosso.
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May 2022
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