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CENTRO BUDDHISTA LOKANATHA

Centro di meditazione per la pratica e l'insegnamento buddhista.
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​​"Namo tassa bhagavato arahato
samma sambuddhassa"
-
"Onore a colui che è benedetto, a colui che è supremo, a colui che è completamente illuminato".
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Introduzione alla meditazione
​ di visione profonda

LEGGI
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​Tradizionalmente la pratica quotidiana buddhista è stata schematicamente consegnata dal Buddha nel suo primo discorso pubblico, noto come "Nobile Ottuplice Sentiero". Sebbene l'insegnamento in esso esposto sia il fondamento della pratica di ogni buddhista, sia laica che monastica, esso va modulato e vissuto da ciascuno, in riferimento alle proprie situazioni personali, senza mai poter prescindere dalla propria responsabilità. Questi due aspetti: progressività e responsabilità sono altresì più importanti in un contesto laico come quello occidentale, caratterizzato da una distanza fisica tra il praticante e la sua guida, e distanza culturale tra le intenzioni del praticante e l'ambiente che lo circonda.

E' in questo contesto che s'inserisce l'iniziativa di avere un centro per la pratica, che possa rappresentare per il praticante una possibilità di ridurre queste distanze, e avere un supporto per il proprio sforzo spirituale. Le attività, gli spazi, l'organizzazione e il sostentamento del centro, sono stati pensati per favorire, consolidare e supportare gli amici e le amiche che nel tempo hanno maturato la propria motivazione rispetto all'insegnamento del Buddha e alla sua pratica.

La descrizione qui sinteticamente proposta della pratica nel quotidiano vuole soprattutto evidenziare come essa trovi  nelle attività del Centro un riferimento, oltre che indicare quali siano i suoi aspetti fondamentali e come essi possano essere supportati attraverso "addestramenti" specifici. 


  • Motivazione e fiducia
E' importante a poco a poco rendere chiare le motivazioni del proprio sforzo. A tal fine il fattore tempo gioca un elemento importante, se viene segnato da stimoli positivi che vogliono rendere possibile e accrescere la chiarezza delle motivazioni. Le occasioni di dialogo e di condivisione con gli altri praticanti, nonché lo studio personale, usufruendo della biblioteca, rappresentano in tal senso risorse importanti. 
 
Ispirati dalla prassi monastica, lo sforzo spirituale non è un abito che possiamo dismettere, è un'attività che dura tutto il tempo per il quale si è deciso di impegnarsi in essa. Non è un caso che l'impegno dei laici sia formalizzata anch'esso da dei voti.
Nella quotidianità è importante che il praticante rinnovi ogni giorno il proprio proposito. In base alle possibilità e alla maturità della propria pratica, è importante che esso abbia un momento e un luogo dove esso possa avvenire: l'altare domestico. L'altare è il luogo fisico in cui avviene la nostra pratica formale e quindi ci aiuta a costruire il nostro luogo interiore della pratica, beneficiando la motivazione. Davanti all'altare ciascuno maturerà una prassi , stimolato da quanto apprende dalla comunità prossima e dalla vita monastica, caratterizzati dalla riflessione (recita) di aspetti dell'insegnamento e dalla sedta meditativa.


  • Gratitudine e generosità
Coltivare un sentimento di fondo di gratitudine rappresenta un fondamento solido dell'addestramento. Esso sviluppa spontaneamente la qualità dell'umiltà, antidoto efficace contro le qualità spiritualmente negative radicate nell'egotismo. La gratitudine ci apre alla prospettiva dell'interdipendenza, e alla verità della non autosufficienza di ogni essere. 
La pratica della gratitudine è alimentata attraverso la riflessione puntuale e continua circa la nostra natura "causata", in riferimento ad aspetti grossolani ed evidenti, sino a considerare aspetti più "sottili". Tali riflessioni trovano espressioni negli appuntamenti quotidiani formali, sentitamente al mattino, davanti all'altare domestico o luogo di pratica domestico o nella comunità, magari dopo sessioni di raccoglimento meditativo, o informali, durante la giornata, con l'emergere di attimi di intuizione.
​La pratica solenne dell'inchino all'immagine del Buddha, esprime formalmente e sinteticamente il sentimento di gratitudine del praticante al Maestro, all'Insegnamento e ai Discepoli Risvegliati che ci hanno trasmesso e testimoniato la sua possibilità e realizzabilità. 
Si è sollecitati a considerare nella propria vita, con onestà e franchezza del cuore, quali siano state, siano e saranno le ragioni, le situazioni e le persone alle quali siamo, siamo stati e saremo grati per la nostra esistenza e pratica spirituale.
La stessa comunità di amici nella pratica risulta essere un soggetto di riflessione sulla gratitudine. che in quanto comunità di benefattori, con la propria libera generosità rende possibile coltivare la pratica.
​Quindi la gratitudine ispira spontaneamente la generosità.

La generosità occupa una posizione centrale nella pratica buddhista.
Se la gratitudine prende in considerazione la relazione nella dinamica altro-io, la generosità l'approfondisce nella direzione io-altro. Addestrarsi con costanza, nella dinamica della vita di tutti i giorni, prendendo in considerazione di come l'io è un'esperienza intrinsecamente condizionato dai rapporti intrattenuti con gli altri, porta il praticante a vivere e non soltanto a comprendere l'insegnamento del Buddha. Questa comprensione diretta delle dinamiche che influenzano l'insorgenza della personalità, porta all'autoevidenza dell'importanza di adoperarsi scientemente verso ciò che arreca beneficio al cuore e ad abbandonare ciò che lo inquieta. La pratica della generosità s'inserisce in questo discorso, offrendo al praticante uno strumento semplice e duttile, per fare questo lavoro nel corso della sua vita, della quale si aggiunga che le dinamiche meno complesse saranno, più efficace sarà l'apporto del lavoro.
Coltivare la generosità offre il giusto terreno su cui far radicare la  pratica meditativa, per il cui sviluppo è raccomandato di coltivare un cuore generoso, ovvero non avido di conseguimenti. Un centro di Dharma si rende necessario anche per offrire delle opportunità perché questa pratica si realizzi, a partire dalle numerose occasioni e attività volte a beneficio della comunità, compreso al contributo per supportarne la gestione. Le istruzioni e le raccomandazione che si ricevono non vertono "sull'efficienza della performance", bensì sul cercare di portare ad evidenza i contenuti dharmici del gesto.

​L'insegnamento del Buddha non si configura come una "retorica del bene", finalizzata al convincimento dell'uditore, bensì un corpus coerente e puntuale di indicazioni pratiche volte ad uno scopo. Di riflesso al praticante non si richiede l'adesione fideistica alla dottrina, bensì la raccomandazione ad un'attenta e scrupolosa applicazione di essa, ivi compresi gli insegnamenti in merito alla generosità.

  • Attenzione e disciplina
L'attenzione è una delle facoltà naturali della mente, che nell'addestramento buddhista hanno un valore fondamentale e la sua pratica vuole svilupparle e finalizzarle ad uno specifico "lavoro" e scopo. L'attenzione favorisce l'insorgenza della sua forma "applicata", l'investigazione che ci permette di discernere i vari aspetti dell'esperienza. 
L'addestramento etico individua cinque ambiti particolari della vita di tutti i giorni, sui quali l'attenzione viene focalizzata e sviluppata. Assumere dei "precetti morali" si configura in ambito buddhista come una pratica di consapevolezza e introspettiva che ci porta ad osservare le dinamiche della mente e del cuore nel corso della vita. L'attenzione ci permette di essere presenti e "proattivi" rispetto ai momenti in cui la vita volitiva si manifesta con le azioni, permettendoci di avere chiare quali siano le conseguenze e gli effetti che ne derivano, sia in caso di osservanza o inosservanza del precetto, e quali circostanze interne ed esterne le hanno determinate. E' sulla base di questa "chiarezza", che sorge una comprensione sempre più nitida delle relazioni di causalità tra "momenti" e fatti, e sulla base di essa il "cuore" si determina in una direzione piuttosto che un'altra, ovvero verso ciò che ha sentito e compreso direttamente come buono e di beneficio. 

Sulla base di questa "attenzione diffusa" che puo' ben fondarsi la pratica della meditazione. 

  • Raccoglimento e meditazione
​La meditazione è senz'altro l'aspetto più noto della pratica buddhista, molti di noi hanno iniziato proprio con l'idea di imparare a "farla", spinti dalla speranza di trovare in essa un modo per acquietare ciò che vagamente si intuisce essere la fonte della nostra inquietudine: i pensieri che vivono la nostra mente. La speranza è iconograficamente rappresentata dallo yogi beatamente seduto in una posizione a gambe incrociate, magari sotto un albero. Sebbene l'idea iniziale non sia errata in assoluto, è necessario ovviamente ridefinirla e soprattutto inserirla in un contesto più ampio dell'addestramento, che ha nella meditazione un aspetto fondamentale ma non esclusivo. Tradizionalmente i fattori del sentiero della pratica buddhista sono 8, e "samma sati" e "samma samadhi", i due fattori relativi alla pratica della meditazione, sono appunto due di questi, e insieme ed in stretta interdipendenza tra loro formano il sentiero in grado di condurre alla meta. La meditazione  è il principale strumento per addestrare la mente a riapropriarsi 

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In che senso "buddhista"?
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Cerchiamo infaticabilmente la fonte dalla quale sorge la sofferenza nostra e degli altri. Ci facciamo silenti, immobili, ascoltiamo i pensieri e sentiamo le emozioni. Come fossimo segugi, seguiamo le loro orme, per stanare la sofferenza. Quelle orme formano un sentiero nascosto, impervio, in cui ogni passo é segnato dalla rettitudine. La rettitudine in questo caso é da intendersi anche in senso morale, ma sopratutto “tecnico”, come onestá, franchezza con quanto appreso. Questo sentiero é noto come “Il Nobile sentiero della via mediana”. Continua a leggere...

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